Come richiamata dal suo sguardo, la ragazza
si girò e guardò nella sua direzione.
Il lord fece un cenno di saluto col capo e le si avvicinò a lunghi
passi; lei si sistemò il velo sui lunghi
capelli divisi sulla fronte e nel suo sguardo passò un lampo.
"L'orizzonte sembra irraggiungibile. -
un lieve cenno del capo - Il mio nome è sir Richard Reginald Alcott. Per
servirti, signora."
"Mi chiamo Zaira." rispose
semplicemente lei.
"Sei Zaira? La figlia
dell'Asceta." esclamò l’europeo.
"Sono Zaira."
La ragazza alzò su di lui lo sguardo e i
loro occhi si incontrarono: azzurri, penetranti, audaci, quelli di lui, neri,
sfavillanti e carichi di splendore, quelli di lei.
"Zaira. – ripeté il lord, assaporando
quel nome quasi fosse una leccornia - Il tuo nome significa colomba. – sorrise,
affascinato dallo splendore di quello sguardo, dalla sua dolce fissità e da
quel qualcosa di vago smarrimento ch’era venuto a navigare al suo interno
- Il tuo cuore, però, non è pavido come quello della colomba. - aggiunse
- Hai affrontato una fiera."
"Io amo gli animali." rispose con
semplicità la ragazza, evitando di incontrare ancora lo sguardo del
bell'avventuriero.
"Anche io! – sorrise ancora sir Richard
- Di fronte ad una belva, però, io discuto col pugnale." riprese,
spostando leggermente di lato la candida keffiew per meglio guardarla in volto e mai volto
gli parve altrettanto seducente.
La bocca di lei, carnosa e piena, lo
attirava irresistibilmente, la pelle dorata e come attraversata dal sole lo
inebriava di sconosciuti profumi.
"Ci sono belve assai più pericolose
delle pantere." l’udì replicare, mentre gli occhi le si caricavano di
malinconiche velature. La ragazza portava ancora tracce della violenza subita:
la ferita al braccio sinistro non era ancora del tutto rimarginata e il polso
destro era ancora fasciato. Era certo che quelle parole nascondessero dolorosi
segreti; il paesaggio, intanto,
cominciava a mutare, schegge di rocce si contendevano il suolo ma parlare
cominciava a diventare meno difficoltoso.
“Parlami di te, signora. Ho saputo quello
che ti è accaduto."
"Davvero ti interessa la mia storia? –
disse la ragazza; anche lei, in verità, sembrava soggiogata dal fascino
che emanava dall’aitante, irrequieta giovinezza di lui - Tu sei un
uomo potente, sir Richard, Duca di Scozia. Come può interessarti la mia
storia?” domandò, senza alzare lo sguardo, mentre lui continuava a fissarla con
quella insistenza che costringeva le donne di quella terra a coprirsi il volto
e gli uomini a sostenere che lo sguardo dello straniero era il primo nemico
della casa.
"Lascia che sia io a giudicare, dolce,
magica creatura!" sorrise ancora l'inglese.
L’espressione ostinata, le sopracciglia
congiunte sul naso aquilino, l’ovale appuntito del volto bruciato dal sole, la
sua figura aristocratica, nel Ksa, il bianco mantello marocchino,
sovrastava quella agile e snella della ragazza.
Un lungo silenzio riempì la pausa, poi Zaira
riprese.
"La mia storia è lunga." disse,
infine, cercando di sottrarre il suo sguardo alla dolce disinvoltura di quello
del giovane: lei non era abituata a quei dolci turbamenti. Lei era una kumari, scelta da una Dea assai gelosa ed esclusiva.
"Si dice che tu conosca il
linguaggio delle fiere." il giovane la guardava come si guarda un
prodigio.
"Oh, no! Non conosco che il linguaggio
umano che… - Zaira ebbe un sorriso, poi proseguì - che non sempre è
comprensibile agli altri uomini, ma... ma conoscevo quel leopardo ... era
Raipur, la mia compagna di giochi e l'hanno uccisa senza alcuna
pietà!" esclamò in tono rattristato.
"Se non l'avessero fatto, quella fiera
avrebbe certamente sbranato qualcuno." replicò lui.
"No! – lei scosse il capo con
veemenza; in lontananza la catena rocciosa profilava l’orizzonte e i
ciottoli per terra, diventavano sempre più grossi e numerosi - Lei cercava solo
cibo per il suo piccolo." spiegò, levando sul giovane lo sguardo limpido.
"Ma è vero che le parlavi?" chiese
lui sempre più affascinato.
"Gli animali non parlano. - sorrise
lei, mettendo in mostra due file di candide perle - Si intendono fra loro.
Questo sì! Ma Raipur non era un pericolo per nessuno." aggiunse.
"Per te, forse, dolce colomba.- osservò
sir Richard - Ma era pericolosa per gli altri…. Un leopardo è un leopardo!
Anch’io amo il mio cavallo e pure lui mi è affezionato e benché altri non lo
amino, non fa del male a nessuno. Come non ne fa il cammello di Alì - sir
Richard indicò l’animale su cui Zaira aveva viaggiato e che stava pascolando
poco lontano con gli altri animali - Al contrario della tuo leopardo.."
"Animali e uomini sono pericolosi solo
alla catena!" sentenziò Zaira, stringendosi forte il cucciolo al petto; un
intenso bagliore emerse dai suoi occhi; sorrideva mentre parlava, ma il sorriso
era privo di gioia e toccò il cuore del lord che la rassicurò:
"Non temere. Non temere, Zaira, per la
tua libertà… né per quella del tuo cucciolo!”"
Ma, né le parole, né il tono e neppure il
sorriso del giovane, riuscirono a dissipare i timori e l'inquietudine sul volto
della ragazza, che al giovane sembrava sempre più smarrito e confuso e che lo
spinse a chiedere:
"Qualcosa ti turba, Zaira? Forse i
racconti cruenti su quella setta di pazzi sanguinari."
Un ululato riverberò da lontano; uno
sciacallo o altra creatura di quel posto inospitale. Zaira rabbrividì.
“E' solo uno sciacallo. - sorrise il lord -
E si terrà lontano da qui... lui ha più paura di noi... - cercò di
rassicurarla, poi, sempre con lo stesso sorriso - Oh! certo! - proruppe - Come
può uno sciacallo intimorire una ragazza che parla alle fiere? Scusa, dolce
Zaira."
Fu la ragazza, questa volta, a rispondere
con un sorriso prima che con le parole.
"E' questo posto! - disse - E' questo
posto che mi turba. Io... io conosco questa oasi, ma non so perché.... né
se ci sono mai stata prima d'oggi."
"Forse ci sei già stata. - replicò il lord
- Forse ti ci ha portato tuo padre, il saggio Mayrana che... mi dicono, fosse
un uomo di grandi virtù e della cui morte tutti si dolgono."
"Lui non era mio padre, signore, ma mi
ha allevata con l'amore di un padre da quando condusse me e mia madre nella sua
casa. - una pausa, per raccogliere un accenno di singhiozzo, poi riprese -
Ancora oggi, dopo tanti anni... avevo solo cinque anni allora... le mie notti
sono popolate da fantasmi e sogni orribili"
Come ubbidendo ad un impulso, a questo punto
la ragazza tese le mani, morbide ed affusolate, verso quelle di lui, grandi e
forti e le strinse, come a chiedere protezione; sir Richard le accolse entrambe
tra le sue, poi le accostò alle labbra quasi con devozione.
"Non so perché ti dica queste cose,
signore." disse lei con accento quasi di scusa e il lord la incoraggiò.
"Ti ascolto con affettuosa
sollecitudine, dolce Zaira. - proruppe - Confidami le tue pene ed io farò
l'impossibile per alleviarle."
Zaira fece un lungo respiro poi con il capo
accennò in direzione dei ruderi che tanto affascinavano il professor Marco.
"Proprio quello! - sussurrò – E’ il
posto da cui sono fuggita da bambina con mia madre… Credevo che esistesse solo
nella mia mente e invece eccolo qui ed io… ne sono molto turbata."
In verità, anche sir Richard era turbato, ma
dal luccichio che era dentro gli occhi di lei e che pareva quasi di pianto. Era
turbato da un'emozione sconosciuta che chiamava ai suoi sensi un vellutato
piacere mai provato prima per una donna. Era turbato dal quel misterioso
fulgore dell'animo che lo faceva sentire ebbro senza aver bevuto. E poi... il
lieve contatto delle loro mani... Senza una parola, si chinò sul volto
proteso di lei e le sfiorò le labbra con un bacio.
Lei si ritrasse. "No! No!"
bisbigliò, mentre negli occhi il timore e il turbamento precipitavano nel
terrore.
"Ma perché?... Perché?" chiese lui
mentre lei gli voltava le spalle per allontanarsi quasi di corsa.
"Perché?" continuò a chiedersi,
anche quando della flessuosa figura di lei non era rimasta che
l'ombra svolazzante della veste che svoltava l'angolo di una roccia .
"Lei è una Kumari.
- la voce di Akim alle spalle lo costrinse a voltarsi - E' una vergine votata
alla dea Kalì e nessun uomo può sfiorarla neppure con lo sguardo... fino a
quando lo spirito della Dea dimorerà dentro di lei!"
(continua)
brano tratto da "DUNE ROSSE - Il Rais dei Kinda" di Maria Pace
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