Poco dopo, però, lasciato
il terrazzo e le amiche a congetturare, Jezabel raggiunse un terrazzo adiacente
su cui si aprivano molte finestre. Questo secondo terrazzo, a differenza del
primo, guardava all'interno del palazzo, sui giardini d'ingresso del portone di
entrata, dove due sentinelle armate erano di guardia notte e giorno.
La donna si accostò ad
una di quelle finestre, scostò la tendina di finissima mussola e gettò uno
sguardo all'esterno; le note di un tandir e il canto di un'ancella giungevano
dal terrazzo spezzati e soffusi.
"Chi può aver rapito
la principessa Jasmine?" stava pensando a voce alta, ma qualcuno la
sorprese alle spalle e l'afferrò per un braccio.
"Cosa ne sapete del
rapimento della principessa Jasmine?" tuonò una voce.
La donna trasalì. Si
voltò: di fronte a lei c'era il bel volto dall'espressione inquieta e
corrucciata di Rashid.
"Cosa ne sapete del
rapimento di Jasmine?"
"Principe Ben...-
esclamò la donna, poi si corresse - Rashid... il rais dei Kinda. Tu se il rais
dei Kinda. - ripeté - Akim?... Ci sei anche tu? - aggiunse assumendo
un’espressione veramente sconcertata - Che cosa volete? Sapete che questo
luogo…”
"Ebbene?
Rispondete." la interruppe lo sceicco Harith, comparso alle spalle del suo
rais.
Jezabel guardò sorpresa e
timorosa anche lui: mai nessun uomo era penetrato in quel posto vietato ed
inaccessibile, se non ad un eunuco e quello sconosciuto che le stava di fronte,
alto, atletico, la fissava con sul volto una espressione selvaggia, come solo
quella di un predone.
Con lo stesso timore
tornò a guardare Rashid e il giovane europeo che era con loro e che il piccolo
Akim aveva chiamato sir Richard; lei, però, lo aveva riconosciuto subito nello
straniero che il giorno prima aveva visto dalla terrazza.
"Io non so nulla. –
rispose, cercando scampo d’intorno con lo sguardo - Io sono soltanto una donna.
Non so nulla… Tu… tu sei lo sceicco della tribù dei Kinda?" domandò,
fissando Harith.
"Da costei non
sapremo niente. – il lord avanzò nella stanza - Credo davvero che non ne sappia
nulla." suggerì.
“Avete ragione, sir. –
anche il piccolo mago si fece avanti e si fermò alle spalle dell’inglese –
Conosco bene la kaseki sultan e la sua faccia spaventata dice che non sa
davvero nulla… Lei e la principessa Jasmine – spiegò – non frequentavano gli
stessi ambienti… La principessa Jasmine non partecipava mai a quelle… - il
piccolo accennò con un braccio al terrazzo di Jezabel oltre la finestra - …
quelle riunioni di donne.”
“Andiamo via di qui. –
suggerì il Rais; la donna non fiatava – Stiamo perdendo del tempo prezioso.”
Lasciarono andare la
donna, ma appena si sentì al sicuro, questa cominciò a strillare e starnazzare
come una gallina; eunuchi e schiave, subitamente accorsi, le fecero eco ed un
drappello di soldati, attirato dal trambusto, cominciò a sciamare lungo le
scale.
"Seguitemi."
disse Rashid infilando una porta.
Gli vennero incontro un
eunuco e due ancelle, che la furia dei quattro spazzò via come fuscelli.
Imboccarono una seconda porta e si trovarono nell'immenso salone di
intrattenimento delle donne ed anche qui schiave ed eunuchi non ebbero miglior
sorte.
"Empietà! Hanno
profanato l'harem del nostro padrone." gridavano tutti come invasati.
Akim si divertiva un
mondo: quella situazione tragicomica di eunuchi infuriati, schiave preoccupate
e donne dai languidi atteggiamenti, lo divertiva molto.
"Aiuto! Aiuto!" gridavano le donne,
fingendo terrore, ma palesemente eccitate dall'insolito diversivo. Nella corsa
trascinavano cuscini, gabbiette di uccelli e vasi di fiori e le loro urla e
quelle dei guardiani creavano una bolgia di boccaccesca memoria..
"Sentite come
urlano? - gridava il ragazzo, sempre più divertito – Uh!… Che spasso!”
I tre amici lo guardavano
scuotendo il capo.
Un gruppo di soldati
tentò di sbarrare loro il passo; i quattro respinsero l'assalto con facilità ed
infilarono una porta provvidenzialmente aperta; l'occasione giungeva
inaspettata, ma occorreva prendere la decisione giusta.
Sir Richard corse a
sprangare una seconda porta che si apriva nella parete opposta della stanza:
quel piccolo baluardo non avrebbe fermato la turba scatenata, ma avrebbe
concesso un po’ di tregua.
"Per di qua."
suggerì il rais.
"Dove stiamo
andando?" chiesero gli altri.
"Seguitemi."
ripeté evasivo il giovane, indicando una terza porta alla loro destra:
l'ingresso agli appartamenti del Sultano.
L'aprirono. Un'amara
sorpresa, però, era ad attenderli dietro quella porta: il sultano ed un nutrito
drappello di soldati.
"Ah,ah,ah... Ecco il
Leone del deserto finito in trappola come un topo di fogna. Ah,ah,ah..."
La risata del sultano
echeggiò nelle stanze trascinandosi dietro lo scherno e il dileggio della
Guardia Personale, una ventina di marabutti, musulmani della razza più
fanatica, che il Sultano supponeva talmente fedeli, da rivolgersi loro solo con
insulti.
"Solo gli stolti
celebrano la vittoria prima della battaglia!" lo apostrofò a riguardosa
distanza Alì.
“Ah!… ecco qua anche quel
piccolo manigoldo... il piccolo mago fuggitivo! Eh.eh.eh…” ridacchiò il
Sultano, muovendo un braccio per ordinare ai suoi sgherri di prendere il
ragazzo; Rashid, però, si fece avanti e quelli si fermarono davanti alla sua
celeberrima jatagan.
“Hai bisogno della tua
marmaglia armata anche per catturare un ragazzino, Sayed Alì?… Sono queste le
tue battaglie?”
"Le tue, invece,
Rashid di Ar-Rimal o devo chiamarti Rashid bin Mohammed Al Tani.... sono
battaglie finite prima ancora di cominciare. - ghignò quello, poi aggiunse – So
chi sei!”
Gli rispose un verso
agghiacciante e subito dopo:
"Prendermi è meno
facile di quanto tu possa immaginare, vecchio furfante travestito da monarca. –
lo sbeffeggiò il grande predone – Assai meno facile che sbaragliare il gregge
di pecorelle armate che metti a protezione delle tue carovane.”
Sayed illividì, ma non si
scompose.
"Adesso sei tu in
trappola. - rispose con calma misurata - E ci resterai." aggiunse, facendo
cenno ad uno schiavo e questi premette una leva attaccata al muro poi con un
salto all'indietro si ritrasse per schivare il bordo del pavimento che
lentamente, ma inesorabilmente, stava ribaltandosi.
"Presto. Presto. -
urlò sir Richard che, prima degli altri, aveva intuito la trappola -
Afferratevi ai bordi del pavimento."
Riuscirono ad aggrapparsi
ai bordi ad incastro del pavimento, rimanendo a penzolare nel vuoto in una
posizione precaria e quanto mai pericolosa: sotto di loro c'era un'insidia
mortale, un gigantesco ingranaggio dagli enormi aculei di ferro in funzione.
"Che Allah lo
stramaledica!" imprecò Harith.
"Oih! Oih! -
piagnucolava Akim, guardando di sotto - Potente Visnù! Grande Shiva!...
Aiutatemi. Non spingete la mia giovane esistenza verso il buio regno di
Kalì."
“Ah!ah! – sghignazzavano
i soldati dall’alto della botola – Ma quel piccolo, ingrato schiavo fuggitivo…
non era un grande mago?”
“Perché non ferma la
macchina di sotto e non mette in salvo se stesso e gli altri?… ah.ah.ah…”
ridevano
“Mettiamoci in salvo o
faremo la loro fine…eh,eh,eh” suggeriva qualcun altro, prima di sparire con gli
altri.
I quattro rimasero da
soli nell’insidiosa posizione. (continua)
da: "DUNE ROSSE - Il Rais dei Kinda"
scontato e con DEDICA direttamente dall'autrice
mariapace2010@gmail.com