Al galoppo,
Rashid cominciò a percorrere il campo da un capo all'altro: aspettava il sam, la sola forza capace di contrastare il suo
dominio sul deserto.
Le
straordinarie proporzioni fisiche, nel mantello conteso dalle prime violente raffiche
di vento, la sua figura salda e potente appariva rassicurante come
un baluardo e resistente come una
roccia: virtù ricevute certamente con la nascita, ma che le asprezze della
vita dovevano aver temprato, nutrito e
coltivato.
Una gran
calma era calata; una immobilità totale. Non un fremito d’ali, non ronzio di
insetto o fruscio di foglie; non un granello si muoveva: la sabbia pareva pressata. Incollata al suolo.
"Che
il potente Visnù abbia pietà di noi!”
Akim si
guardò intorno in cerca di un riparo; lo seguivano Zaira e le due figlie del
mercante greco e dietro di loro, distanziate di qualche passo, le due schiave
di Bibal sfuggite alla vigilanza del padrone.
“Il sam ci spazzerà via tutti come fuscelli."
riprese il ragazzo, circondando con gesto di grande affetto la figlia
dell’eremita e cercando di farle scudo col suo corpo. Zaira, d’altro
canto, faceva lo stesso con lui, cosicché avanzavano con passo incerto,
ostacolati dalle prime violente folate di vento, ma sorreggendosi l’un l’altra.
Lo stesso
facevano Letizia e sua sorella Atena, alle loro spalle e così le due piccole
schiave ed Akim ogni tanto si voltava indietro per sincerarsi della loro
presenza.
"Restate
uniti e aggrappatevi agli animali." il rais esortava la sua gente; i
garretti del suo cavallo affondavano nella sabbia ma questa, sollevandosi
ricadeva e restava quasi immota nell’aria. Ferma.
Il sam si fece vicino. Prima con moto quasi
impercettibile poi con vivacità, la sabbia cominciò a muoversi, a sollevarsi da
sola, senza apparente sollecitudine, accompagnata da un sibilo leggero.
"Sta
arrivando. -gridò Harith - Tenetevi pronti a...” non riuscì a terminare
la frase: un soffio improvviso, potente e rovente, sollevò la sabbia e lo
investì, ricacciandogli in gola le parole.
Il vento
crebbe insieme al caldo. Divenne vigoroso e bruciante e i turbini presero a
succedersi ad un ritmo così serrato da provocare vertigini. Parlare era
difficile, la sabbia penetrava in bocca e si fermava tra i denti.
"Guardate
là!" riuscì a gridare Ibrahim, il vice di Rashid, con quanto fiato
aveva in gola, tendendo un braccio verso l'orizzonte. Chi riuscì ad udirlo, il vento copriva ogni suono, si girò verso
la direzione indicata: un’enorme fascia rosa opaca, una nuvola gigantesca
sbarrava un cielo incredibilmente azzurro.
Sir Richard, che fino a quel momento si era tenuto discretamente in disparte, non seppe trattenere la sua emozione di fronte a tanta veemenza, tanta terrificante bellezza e indugiò a contemplare con estasiato stupore la natura che si esaltava :
"Corpo
di mille balene! - urlò, affascinato più che atterrito da tanta
selvaggia, seducente potenza - Che spettacolo… Quale grandioso
spettacolo!"
"Cosa
dite, sir?" Rashid, al suo fianco, urlò anch’egli per farsi udire.
"Mai
visto uno spettacolo simile!" continuò ad emozionarsi il lord,
letteralmente stregato dal richiamo della natura.
“Al riparo.
– lo esortò Rashid sempre urlando – Mettetevi al riparo, sir… insieme al vostro
cavallo.” aggiunse, smontando di sella.
Sir Richard
lo imitò immediatamente; tutti gli altri erano già a terra, chi sdraiato,
chi in piedi, tutti attaccati agli animali e tutti che guardavano nella stessa
direzione: ad est, dove la fascia funesta allargando, s'andava
sfrangiando come un enorme ventaglio sfilacciato. Illuminate dal sole,
le frange, abbaglianti e fragorose come mille fulmini, giunsero presto a
crepitare sulle loro teste e alte lingue di fuoco inondarono il deserto di una
spessa luce che aveva il riflesso della morte. L’immensa nuvola si avvicinò.
Più vicino. Sempre più vicino.
Giunse,
infine, gigantesca, apocalittica, a coprire il cielo, preceduta dal suo urlo
agghiacciante. Tremendo, inarrestabile, l’immenso vortice urlava e minacciava;
la sua incontenibile furia spazzava ogni cosa al suo passaggio. Era il signore
del deserto e la natura si curvava al suo cospetto.
Aggredito,
vinto, asfissiato dall'aspro odore di zolfo, l'uomo si arrendeva. Piccola
creatura impastata di terra e lacrime, nulla poteva contro quella forza
terribile. Bocconi, schiacciato contro il suolo dalla sabbia torrefatta,
stretto nel mantello conteso dal vento in un vorticoso volteggiare di pieghe,
consapevole della propria debolezza e fragilità, si nascondeva terrorizzato.
Anche gli
animali erano presi da uguale terrore; le froge spalancate, le teste sotto il
ventre, si cercavano, si accostavano, si univano gli uni agli altri con le
criniere al vento ritte e confuse.
La Natura
ardeva e tremava. Le dune si scioglievano come neve e le poche palme
rinsecchite di quella che doveva essere stata un tempo un'oasi, gemevano
inquiete; i rami ricurvi toccavano la sabbia e la spazzavano.
Il sole,
scomparso dietro la fitta coltre opaca ed a tratti sanguigna, aveva
richiamato indietro la notte. Senza quella visione contorta e gemente, ogni
cosa sarebbe parsa morta. Il vento trasportava lontano ogni cosa: oggetti,
sassi, arbusti e correndo via lasciava dietro di sé la sua eco
agghiacciante e assordante, che si faceva sempre più prolungata. Era il segnale atteso: quel sibilo
lacerante, ma sempre più sottile, indicava l'allontanarsi del sam.
Lentissimamente, la coltre cominciò a perdere il tetro, nefasto
grigiore; timidi raggi di sole la squarciarono qua e là. Il vento divenne meno
asfissiante, l'aria meno rovente ed appestata. Con difficoltà, ma si poteva
alfine respirare e guardare il sinistro fantasma non ancora pago, né sazio,
correre lontano verso altri luoghi da straziare.
Silenzio!
Un silenzio profondo dopo il fragore. Tutto taceva nella valle morta. Il
silenzio calato improvviso era ancora più sinistro del clamore. Ogni cosa era
coperta da una sottile coltre calda, lucente, impalpabile.
Un primo
cenno di vita: una mano incerta, uno sguardo dilatato. Uomini ed animali si
destavano come da un torpore di morte; si guardavano increduli.
"Siamo
ancora vivi?" il lord per primo si scrollò di dosso la sabbia, ma era
inutile, questa era ovunque: sotto
burnus e keffiew, negli occhi, nelle orecchie, in bocca.
"Maledetta
sabbia. - anche Akim stava destandosi - Si è infilata ovunque." si
lamentava.
Vedendo le
sue contorsioni, Rashid, egli pure in piedi
a scrollarsi di dosso la sabbia, era scoppiato in una bella risata
che aveva trascinato gli altri nella scia.
"Ridi.
Ridi. Questa sabbia è più fastidiosa di un esercito di pulci."
Anche lo
sceicco Harith sorrideva; anche lui era sorto da sotto il suo mantello e tutti
gli altri, uno dopo l'altro, parevano svegliarsi da lungo sonno.
"Siamo
vivi!" esclamò Rashid.
"Sì!
Ma non sappiamo in quanti." gli fece eco Harith.
Aveva
assunto un’espressione preoccupata, ma neppure Rashid, ora, sorrideva più; il
volto era incupito e la fronte increspata da timori. Si staccò da Akim, che
solo in quel momento parve accorgersi dell’assenza di Zaira.
“Dov’è
Zaira?… Dove sono le ragazze? Erano qui con me… Che cosa è successo loro?
– andava dicendo, assai preoccupato –
Devo cercare Zaira e le ragazze che erano con lei.” aggiunse allontanandosi di
corsa.
Anche
Rashid e Harith si allontanarono in fretta e passarono in rassegna il campo.
Per fortuna solo qualche lieve ferito e diverse casse andate distrutte. Con una
sola grave eccezione: il cavallo di Gamal, uno dei più giovani cavalieri di
Harith, che ne uscì con un garretto spezzato.
Gamal fu
costretto ad abbatterlo e lo fece tra i singhiozzi, non lasciando ad altri il
penoso compito.
Sir Richard
ne restò assai impressionato e Rashid gli parlò di quanto preziosa fosse la
compagnia di un animale per gente come loro. Gli spiegò che era proprio al
cavallo che Dio aveva legato il destino del Beduino: alla possanza del suo
dorso, alla forza del suo garretto ed all’allegria della sua criniera al vento.
“Ama il tuo cavallo come una parte del tuo cuore, ci ha insegnato il Profeta.” concluse il rais.
Il cavallo
di Gamal fu seppellito sotto la sabbia: nessuno avrebbe mangiato mai la sua
carne.
I cammelli,
intanto, acquattati per terra, docili e fermi, legati gli uni agli altri per
non farli scappare, si lasciavano caricare del bottino; non senza brontolii:
l’aria era satura dei loro versi.
“I cammelli
non sembrano molto contenti. – scherzò il lord – Ma senza di loro saremmo
sopravvissuti in pochi.”
“I cammelli
sono saggi e generosi. – spiegò lo sceicco – Lo sapete, sir, che un cammello
muore con la testa arrovesciata all’indietro per guardare la strada che ha
percorso e la fatica che ha sopportato?”
“Corpo di mille balene! – esclamò il lord – Tutto il mio rispetto per queste bestie così
generose e lasciatemi aggiungere, sceicco, credevo di non uscire vivo da
quest'inferno.
"Allah
è stato misericordioso!" fece Ibrahim, alle sue spalle.
"Le
tante tempeste che mi hanno colto in mare,- proseguì il lord - Non mi hanno
procurato lo smarrimento avuto quando mi sono trovato in mezzo a quell'orribile
turbine nero…. L'inferno… se ce n'è uno, ah,ah. – rise - deve essere fatto
proprio così!"
brano tratto da DUNE ROSSE - Il Rais dei Kinda
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mariapace2010@gmail.com
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